Dopo aver dato un’occhiata alla sorprendente storia dei sindacati a livello mondiale, questo nuovo approfondimento si concentra sulla comparsa degli stessi nel nostro paese.
Dai piccoli regni alla Repubblica italiana
Viviamo in un’era democratica, con la possibilità di accedere a beni servizi ultra tecnologici, come le automobili a guida autonoma o l’intelligenza artificiale che ci assiste come un segretario personale.
Possiamo navigare su internet per fare acquisti, rimanere in contatto con amici lontani, oppure tentare la fortuna online su siti come starcasinomigliorislot.it, in completa sicurezza. I sindacati, pur essendo una realtà attualissima, hanno invece radici molto lontane.
Infatti, sono stati antichi antenati a dare il La al progresso con intuizioni avanzatissime: senza tornare a parlare delle gilde medievali, che ebbero un peso anche dalle nostre parti, pensiamo a Ferdinando IV di Borbone.
Nel 1789 egli elaborò delle regole di civiltà per i lavoratori delle Reali Seterie di San Leucio (poco fuori Caserta) che ancora oggi sono un miraggio per tante fabbriche moderne: fra le regole, uno spaccio aziendale, un asilo per le madri lavoratrici, l’alloggio garantito per tutti gli “assunti”. Prima di arrivare a vedere alcune di queste conquiste estese a tutta Italia bisognerà aspettare il 1906, con la nascita della CGIL.
Italia, nazione di sindacalisti
Grazie ai libri di scuola sappiamo che fu il fascismo a vietare l’attività sindacale, e che essa riprese quota solo dopo la fine della Seconda guerra mondiale, con la clamorosa scissione CGIL da un lato e CISL/UIL dall’altro del 1950.
A malapena si nomina il quarto player della scena, l’UGL, ma la cosa rischia di non essere importante: in Italia i sindacati sono centinaia. Perché? Per lo stesso motivo per cui sono esistiti fin dal Medioevo migliaia di leghe, di gilde e di ceti: chiamatelo campanilismo, chiamatelo difesa di piccoli interessi… di questo parleremo in un articolo a parte.